Le sfide della Customer Experience

Articolo di M. Ieva su Promotion Magazine N.169

 

La Customer Experience è, da qualche anno, al centro delle strategie aziendali. In uno studio di Accenture e Forrester (2015), lo sviluppo e il miglioramento della Customer Experience è risultato al primo posto tra le priorità dei direttori marketing. Amazon e Google hanno da tempo capito l’importanza di gestire correttamente la Customer Experience e hanno istituito figure come i Chief Customer Experience Officer o Customer Experience Vice President, con la responsabilità di creare e gestire la Customer Experience dei clienti. La crescente attenzione nei confronti della Customer Experience è anche una conseguenza dell’aumento delle possibilità che i consumatori hanno di interagire con le aziende attraverso una miriade di touchpoint. La presenza di una pluralità di touchpoint ha complicato nettamente il customer journey, con una frammentazione di media e canali che le aziende sono chiamate a gestire sempre più in ottica omnichannel. Questo livello di complessità rende difficile inquadrare e definire la Customer Experience. Un recente studio condotto dal Boston College (USA) e dall’Università di Groningen (Olanda) ha cercato di individuarne i confini e proporre una definizione esaustiva. La Customer Experience viene definita da Lemon e Verhoef (2016) come “l’insieme delle risposte di tipo cognitivo, emozionale, comportamentale, sensoriale e sociale che il cliente restituisce all’azienda nel corso di tutto il customer journey, a partire dalla ricerca delle informazioni, fino all’acquisto e al post-acquisto”. Questa definizione pone ai marketers diverse sfide, dalla misurazione della qualità della Customer Experience fino alla stima di quali sono i touchpoint più determinanti per un’esperienza di successo che fidelizzi il cliente.

 

 

Misurare la Customer Experience consente alle aziende di ottenere insight utili per migliorarne i punti critici. Di tutte le scale di misurazione proposte fino ad ora in ambito accademico nessuna ha preso piede nella pratica, forse anche a causa della scarsa estendibilità tra settori diversi. In ambito aziendale le metriche più diffuse della Customer Experience ne misurano principalmente aspetti specifici e sono orientate a fornire una valutazione sintetica (ad esempio uno “score”) facilmente utilizzabile. In questo senso, le misure più usate sono la customer satisfaction e il Net Promoter Score, che sono risultate particolarmente utili per prevedere la performance dell’azienda e la probabilità che un cliente rimanga fedele. In generale, gli studi su customer satisfaction e Net Promoter Score hanno riscontrato che l’uso combinato di queste due metriche riesce ad apportare un contributo incrementale significativo nella previsione del comportamento della clientela. Tuttavia, individuare una misura della Customer Experience attendibile, sintetica e completa rimane una sfida aperta.

 

 

Un’ulteriore sfida di rilievo è quella di misurare l’effetto dei diversi touchpoint, con cui i clienti entrano in contatto nell’ambito della loro journey, sulla Customer Loyalty. Raggiungere questo obiettivo consentirebbe di individuare quelli che sono chiamati “i momenti della verità”, ovvero i punti di contatto tra consumatore e aziende che influenzano maggiormente la fedeltà del consumatore. Questo consentirebbe di migliorare l’allocazione del budget di marketing tra i diversi touchpoint.

 

 

L’Osservatorio Fedeltà dell’Università di Parma ha condotto una Ricerca nel 2016 dal titolo “La gestione dei touchpoint per la Customer Experience e la Loyalty”. La Ricerca 2016 è stata sviluppata in collaborazione con Nielsen, ha previsto la somministrazione di un questionario online al Consumer Panel Nielsen ed è stata presentata nell’ambito dell’ultima Edizione del Convegno Annuale dell’Osservatorio ad ottobre 2016. È stato chiesto ai consumatori di ripensare a tutti i contatti intercorsi negli ultimi tre mesi con la propria insegna GDO alimentare principale, banca e provider di telefonia, attraverso una lista di diversi touchpoint. I rispondenti hanno indicato la frequenza e la qualità dell’esperienza avuta con ogni singolo touchpoint. Inoltre, l’indagine ha misurato alcuni atteggiamenti e intenzioni dei consumatori: la fedeltà all’azienda, la disponibilità a fare passaparola positivo, a condividere informazioni personali e l’intenzione di rimanere clienti dell’insegna. Gli obiettivi principali degli approfondimenti condotti - che esponiamo in questo articolo - sono stati quelli di individuare quali sono i touchpoint che raggiungono maggiormente gli italiani e quali sono i touchpoint che hanno una più forte relazione con la customer loyalty.

 

 

 

Di seguito presentiamo i risultati della Ricerca per quanto riguarda l’esposizione ai diversi touchpoint con specifico riferimento all’esperienza nella GDO alimentare. In media ogni consumatore è risultato esposto a 10 touchpoint. Fig. 1 mostra come i cinque touchpoint che raggiungono il maggior numero di consumatori siano: il punto vendita dell’insegna, il volantino promozionale, la marca del distributore, il personale del punto vendita e il programma fedeltà. È interessante notare come tra i touchpoint che raggiungono il numero maggiore di consumatori ci siano, oltre al punto vendita e alla marca commerciale, anche due touchpoint appartenenti al mondo della promotion: il volantino promozionale, tipico touchpoint della price promotion, e il programma fedeltà, tipico della loyalty promotion.

 

 

 Una volta individuati i touchpoint significativi rispetto alla customer loyalty, si è provveduto a stilare un ranking di importanza per identificare quali sono i touchpoint prioritari rispetto alla relazione con la fedeltà all’insegna. Sei touchpoint sono emersi avere una relazione positiva con la customer loyalty e sono, in ordine decrescente di importanza: 

 

- il punto vendita

- la marca del distributore

- i volantini promozionali

- il programma fedeltà

- il passaparola positivo

- il personale del punto vendita.

 

L’indagine da un lato conferma la centralità dello store e della marca del distributore, dall’altro mette in evidenza come gli strumenti classici della promozione di prezzo e non di prezzo siano touchpoint salienti nella relazione con l’insegna. I risultati mostrano anche che il passaparola ha un ruolo significativo nel prevedere la fedeltà del cliente.  Per gli altri touchpoint studiati, come ad esempio l’advertising o l’app mobile, non è stata invece riscontrata alcuna relazione con la fedeltà all’insegna. La misurazione del contributo dei singoli touchpoint alla fedeltà della clientela rimane però una sfida aperta: l’integrazione di dati sul comportamento di acquisto online e offline, nuove tecnologie di misurazione in tempo reale dell’esposizione ai touchpoint e nuovi modelli analitici di misurazione possono sicuramente portare a rilevanti miglioramenti nell’identificazione e nella gestione dei touchpoint prioritari.

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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